Arriva Bard, la risposta di Google a ChatGPT
Com’era facilmente prevedibile, anche Google si prepara ad entrare nel mondo dell’AI conversazionale, cioè quei software basati su intelligenza artificiale, come ChatGPT, con i quali è possibile interagire utilizzando il linguaggio naturale.
L’annuncio è stato fatto qualche giorno da Sundar Pichai, il CEO dell’azienda californiana, che in un post sul blog di Google ha presentato Bard, un servizio sperimentale basato su AI in grado di rispondere alle domande degli utenti e di dialogare con loro.
Come spiegato dal manager, al momento Bard è a disposizione di un numero limitato di utenti, e sarà disponibile per il pubblico nelle prossime settimane.
Questione di concorrenza. Ma che cosa sa fare Bard? Al momento non ci sono molti dettagli, ma sembra che il chatbot avrà le stesse capacità di ChatGPT: dalle schermate pubblicate sul blog di Google sembra che Bard sia capace di rispondere a domande puntuali, ma anche risolvere compiti relativamente complessi come suggerire una ricetta in base a lista di ingredienti.
Pichai fa notare come Bard sia in grado di effettuare ricerche in tempo reale sul web così da fornire agli utenti informazioni sempre aggiornate.
E proprio questo potrebbe essere, almeno per ora, il suo punto di forza rispetto a ChatGPT il cui database di informazioni è aggiornato, al momento, al 2021. Se per esempio provate a chiedere a ChatGPT quando è stato arrestato Matteo Messina Denaro o chi ha vinto il mondiale di calcio del 2022, vi risponderà di non avere informazioni in merito.
Il rilascio pubblico di Bard e la mancanza di informazioni in merito da parte dell’azienda sembrano confermare che la mossa di Google sia soprattutto una reazione al grande successo ottenuto da ChatGPT.
Intelligente, ma non troppo. Microsoft, che in ChatGPT ha investito milioni di dollari, ha già annunciato che integrerà questa tecnologia nel suo motore di ricerca Bing, e probabilmente Google farà lo stesso con Bard. Si tratta di una sfida non da poco: il rischio è che un sistema di AI collegato alla ricerca, se non opportunamente tenuto sotto controllo, diffonda fake news e contenuti di scarsa qualità se non del tutto inaffidabili.
È per questo che Sundar Pichai ha voluto sottolineare come Google perfezionerà costantemente le capacità di Bard utilizzando sia i feedback degli utenti che accurati processi di verifica interna. Insomma: si parla di intelligenza artificiale, certo, ma sempre sotto stretto controllo umano.
E non potrebbe essere altrimenti visto che quella che viene impropriamente chiamata “intelligenza artificiale” non ha alcun tipo di capacità di discernimento o giudizio, ma fornisce risposte basate unicamente sui dati che ha a disposizione nei propri archivi. Se i dati sono limitati, incompleti o falsati da pregiudizi, le risposte dell’AI non potranno che essere inattendbili.
Errori astronomici. In effetti la prima dimostrazione pubblica delle capacità di Bard non è andata proprio benissimo: interrogato sulle scoperte astronomiche effettuate grazie al James Webb Space Telescope, Bard ha affermato che il JWST ha catturato nel 2004 la prima immagine di un pianeta esterno al sistema solare. Peccato nel 2004 il telescopio spaziale non fosse ancora attivo! Questo strafalcione è costato a Google un repentino crollo del valore delle proprie azioni del 9%.
Ma Pichar nel suo post si spinge oltre e spiega come l’AI diventerà parte integrante della ricerca di Google, come «raccoglierà, elaborerà e distillerà informazioni per fornire all’utente una panoramica facilmente digeribile anche dei temi più complessi».Un approccio destinato sicuramente a far discutere.
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L’annuncio è stato fatto qualche giorno da Sundar Pichai, il CEO dell’azienda californiana, che in un post sul blog di Google ha presentato Bard, un servizio sperimentale basato su AI in grado di rispondere alle domande degli utenti e di dialogare con loro.
Come spiegato dal manager, al momento Bard è a disposizione di un numero limitato di utenti, e sarà disponibile per il pubblico nelle prossime settimane.
Questione di concorrenza. Ma che cosa sa fare Bard? Al momento non ci sono molti dettagli, ma sembra che il chatbot avrà le stesse capacità di ChatGPT: dalle schermate pubblicate sul blog di Google sembra che Bard sia capace di rispondere a domande puntuali, ma anche risolvere compiti relativamente complessi come suggerire una ricetta in base a lista di ingredienti.
Pichai fa notare come Bard sia in grado di effettuare ricerche in tempo reale sul web così da fornire agli utenti informazioni sempre aggiornate.
E proprio questo potrebbe essere, almeno per ora, il suo punto di forza rispetto a ChatGPT il cui database di informazioni è aggiornato, al momento, al 2021. Se per esempio provate a chiedere a ChatGPT quando è stato arrestato Matteo Messina Denaro o chi ha vinto il mondiale di calcio del 2022, vi risponderà di non avere informazioni in merito.
Il rilascio pubblico di Bard e la mancanza di informazioni in merito da parte dell’azienda sembrano confermare che la mossa di Google sia soprattutto una reazione al grande successo ottenuto da ChatGPT.
Intelligente, ma non troppo. Microsoft, che in ChatGPT ha investito milioni di dollari, ha già annunciato che integrerà questa tecnologia nel suo motore di ricerca Bing, e probabilmente Google farà lo stesso con Bard. Si tratta di una sfida non da poco: il rischio è che un sistema di AI collegato alla ricerca, se non opportunamente tenuto sotto controllo, diffonda fake news e contenuti di scarsa qualità se non del tutto inaffidabili.
È per questo che Sundar Pichai ha voluto sottolineare come Google perfezionerà costantemente le capacità di Bard utilizzando sia i feedback degli utenti che accurati processi di verifica interna. Insomma: si parla di intelligenza artificiale, certo, ma sempre sotto stretto controllo umano.
E non potrebbe essere altrimenti visto che quella che viene impropriamente chiamata “intelligenza artificiale” non ha alcun tipo di capacità di discernimento o giudizio, ma fornisce risposte basate unicamente sui dati che ha a disposizione nei propri archivi. Se i dati sono limitati, incompleti o falsati da pregiudizi, le risposte dell’AI non potranno che essere inattendbili.
Errori astronomici. In effetti la prima dimostrazione pubblica delle capacità di Bard non è andata proprio benissimo: interrogato sulle scoperte astronomiche effettuate grazie al James Webb Space Telescope, Bard ha affermato che il JWST ha catturato nel 2004 la prima immagine di un pianeta esterno al sistema solare. Peccato nel 2004 il telescopio spaziale non fosse ancora attivo! Questo strafalcione è costato a Google un repentino crollo del valore delle proprie azioni del 9%.
Ma Pichar nel suo post si spinge oltre e spiega come l’AI diventerà parte integrante della ricerca di Google, come «raccoglierà, elaborerà e distillerà informazioni per fornire all’utente una panoramica facilmente digeribile anche dei temi più complessi».Un approccio destinato sicuramente a far discutere.
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