Un cervello di granchio di 300 milioni di anni fa
Agli inizi della paleontologia i geologi erano quasi certi che le parti molli degli animali sarebbero state impossibili da trovare, perché non si sarebbero mai conservate sotto l’azione della fossilizzazione.
Anche Charles Darwin sostenne, nel suo libro Sull’origine delle Specie, che “nessun organismo completamente morbido può essere preservato”. Ma con il tempo questa idea è stata smentita e oggi sappiamo che la conservazione delle “creature morbide” è davvero possibile: vale anche per alcuni degli animali più fragili, come le meduse, ad esempio.. Rimaneva il problema, però, degli organi interni degli animali. Anche questi si sarebbero potuti conservare, anche solo in casi eccezionali?
Si sapeva già… Alcune risposte affermative a questa domanda sono arrivate già in passato, ma di recente è stata pubblicata su Geology una ricerca che dimostra come un complesso cervello di un granchio a ferro di cavallo di ben 310 milioni di anni fa (scoperto negli Stati Uniti) si sia conservato in ottime condizioni, tanto da poter essere studiato. Ovviamente a essersi conservata non è la sostanza molle, ma il calco del cervello.
L’ambra. La maggior parte delle conoscenze sul cervello di artropodi preistorici proviene da due tipi di depositi fossili: l’ambra e quelli del tipo “Burgess Shale”, ossia argille molto fini e in grado di conservare al meglio organismi caduti al loro interno. . Spiega Javier Ortega-Hernández, della Harvard University, uno degli autori della ricerca: «L’ambra è una resina fossile che trasuda dalla corteccia di alcuni alberi ed è nota per essere in grado di intrappolare un’ampia varietà di organismi. Gli individui intrappolati sono comunemente rappresentati da artropodi come gli insetti».
Quanti dettagli! Questi fossili conservano un’incredibile quantità di dettagli anatomici, oltre che di comportamenti, perché la fossilizzazione avviene immediatamente dopo che il “soggetto” è rimasto intrappolato nella resina. Utilizzando una sofisticata tecnologia di scansione sui fossili rimasti catturati nell’ambra, i paleontologi possono studiare piccoli cervelli di artropodi anche in tre dimensioni. Tuttavia, i più antichi artropodi nell’ambra risalgono solo al periodo Triassico, ossia a circa 230 milioni di anni fa. . «I depositi di tipo Burgess Shale», continua Ortega-Hernández, «sono invece molto più antichi, di età cambriana, in genere da 500 a 520 milioni di anni fa. Contengono un’abbondanza di artropodi marini eccezionalmente conservati. Questi fossili sono molto importanti in quanto rappresentano animali tra i più antichi e possono quindi informarci sulle loro origini e sulla prima storia evolutiva». I loro resti sono conservati come pellicole di carbonio nella pietra fangosa. Il processo di fossilizzazione inizia con colate di fango indotte dalle tempeste che spazzano via i delicati animali e li seppelliscono nel fondo marino in condizioni di scarso ossigeno.
Niente sistema nervoso. Nel tempo, il fango si trasforma in roccia e viene compresso, intrappolando definitivamente gli animali. Molti esemplari di artropodi di tipo Burgess Shale conservano gli organi interni, in particolare l’intestino. Sono pochissimi invece quelli che mostrano parti del sistema nervoso centrale, come i nervi ottici, il cordone nervoso ventrale o il cervello, perché molto più delicati.
L’esemplare del granchio a ferro di cavallo, chiamato Euproops danae, proviene dal deposito di Mazon Creek dell’Illinois, negli Stati Uniti. I fossili di questo deposito sono conservati all’interno di concrezioni costituite da un minerale di carbonato di ferro chiamato siderite. Alcuni degli animali di Mazon Creek, come il bizzarro “Tully Monster”, hanno un corpo completamente morbido.
Come accadeva. Ciò suggerisce che deve essere accaduto qualcosa di molto particolare per preservarlo. I ricercatori hanno dimostrato, per la prima volta, che gli animali di Mazon Creek non venivano racchiusi esternamente dalla siderite, ma che questa entrava anche nei loro corpi per racchiudere velocemente i tessuti molli prima che potessero decomporsi. Successivamente la parte molle veniva sostituita da un’altra sostanza che ne realizzava il calco. In particolare, il cervello di Euproops è replicato da un minerale argilloso di colore bianco chiamato caolinite.
Questo calco minerale si sarebbe formato più tardi, nel vuoto lasciato dal cervello, dopo che il resto dell’animale si era fossilizzato. Senza l’arrivo della caolinite non si sarebbe potuto formare il calco che abbiamo ora a disposizione. La scoperta di questi eccezionali esemplari offre ai paleontologi uno sguardo inedito nel passato profondo e contribuirà ad approfondire la nostra comprensione della biologia e dell’evoluzione degli animali estinti da tempo. .
Anche Charles Darwin sostenne, nel suo libro Sull’origine delle Specie, che “nessun organismo completamente morbido può essere preservato”. Ma con il tempo questa idea è stata smentita e oggi sappiamo che la conservazione delle “creature morbide” è davvero possibile: vale anche per alcuni degli animali più fragili, come le meduse, ad esempio.. Rimaneva il problema, però, degli organi interni degli animali. Anche questi si sarebbero potuti conservare, anche solo in casi eccezionali?
Si sapeva già… Alcune risposte affermative a questa domanda sono arrivate già in passato, ma di recente è stata pubblicata su Geology una ricerca che dimostra come un complesso cervello di un granchio a ferro di cavallo di ben 310 milioni di anni fa (scoperto negli Stati Uniti) si sia conservato in ottime condizioni, tanto da poter essere studiato. Ovviamente a essersi conservata non è la sostanza molle, ma il calco del cervello.
L’ambra. La maggior parte delle conoscenze sul cervello di artropodi preistorici proviene da due tipi di depositi fossili: l’ambra e quelli del tipo “Burgess Shale”, ossia argille molto fini e in grado di conservare al meglio organismi caduti al loro interno. . Spiega Javier Ortega-Hernández, della Harvard University, uno degli autori della ricerca: «L’ambra è una resina fossile che trasuda dalla corteccia di alcuni alberi ed è nota per essere in grado di intrappolare un’ampia varietà di organismi. Gli individui intrappolati sono comunemente rappresentati da artropodi come gli insetti».
Quanti dettagli! Questi fossili conservano un’incredibile quantità di dettagli anatomici, oltre che di comportamenti, perché la fossilizzazione avviene immediatamente dopo che il “soggetto” è rimasto intrappolato nella resina. Utilizzando una sofisticata tecnologia di scansione sui fossili rimasti catturati nell’ambra, i paleontologi possono studiare piccoli cervelli di artropodi anche in tre dimensioni. Tuttavia, i più antichi artropodi nell’ambra risalgono solo al periodo Triassico, ossia a circa 230 milioni di anni fa. . «I depositi di tipo Burgess Shale», continua Ortega-Hernández, «sono invece molto più antichi, di età cambriana, in genere da 500 a 520 milioni di anni fa. Contengono un’abbondanza di artropodi marini eccezionalmente conservati. Questi fossili sono molto importanti in quanto rappresentano animali tra i più antichi e possono quindi informarci sulle loro origini e sulla prima storia evolutiva». I loro resti sono conservati come pellicole di carbonio nella pietra fangosa. Il processo di fossilizzazione inizia con colate di fango indotte dalle tempeste che spazzano via i delicati animali e li seppelliscono nel fondo marino in condizioni di scarso ossigeno.
Niente sistema nervoso. Nel tempo, il fango si trasforma in roccia e viene compresso, intrappolando definitivamente gli animali. Molti esemplari di artropodi di tipo Burgess Shale conservano gli organi interni, in particolare l’intestino. Sono pochissimi invece quelli che mostrano parti del sistema nervoso centrale, come i nervi ottici, il cordone nervoso ventrale o il cervello, perché molto più delicati.
L’esemplare del granchio a ferro di cavallo, chiamato Euproops danae, proviene dal deposito di Mazon Creek dell’Illinois, negli Stati Uniti. I fossili di questo deposito sono conservati all’interno di concrezioni costituite da un minerale di carbonato di ferro chiamato siderite. Alcuni degli animali di Mazon Creek, come il bizzarro “Tully Monster”, hanno un corpo completamente morbido.
Come accadeva. Ciò suggerisce che deve essere accaduto qualcosa di molto particolare per preservarlo. I ricercatori hanno dimostrato, per la prima volta, che gli animali di Mazon Creek non venivano racchiusi esternamente dalla siderite, ma che questa entrava anche nei loro corpi per racchiudere velocemente i tessuti molli prima che potessero decomporsi. Successivamente la parte molle veniva sostituita da un’altra sostanza che ne realizzava il calco. In particolare, il cervello di Euproops è replicato da un minerale argilloso di colore bianco chiamato caolinite.
Questo calco minerale si sarebbe formato più tardi, nel vuoto lasciato dal cervello, dopo che il resto dell’animale si era fossilizzato. Senza l’arrivo della caolinite non si sarebbe potuto formare il calco che abbiamo ora a disposizione. La scoperta di questi eccezionali esemplari offre ai paleontologi uno sguardo inedito nel passato profondo e contribuirà ad approfondire la nostra comprensione della biologia e dell’evoluzione degli animali estinti da tempo. .