Quanto sono scariche le pile scariche?
La definizione tecnica delle pile non ricaricabili, normalmente usate per fare funzionare dispositivi elettrici ed elettronici in casa, è batterie primarie: quando devono essere cambiate sono conferite presso punti di raccolta autorizzati – se smaltite correttamente! -, da qui trasportate a centri di stoccaggio temporaneo, per essere infine inviate agli impianti di trattamento per il recupero dei materiali in esse contenuti.
Ma, quando le smaltiamo, le pile sono veramente scariche? Per rispondere a questa domanda un team di ricercatori del Politecnico di Milano ha raccolto 3.828 pile esauste non danneggiate, prelevandole da alcuni supermercati di Milano e provincia, e misurato lo stato di carica di quelle alcaline AA e AAA, ovvero stilo e ministilo, che costituivano circa il 70% del campione. Il risultato è stato sorprendente: come si vede dal grafico qui sotto, circa un terzo delle pile aveva uno stato di carica molto elevato (in verde: dall’85 al 100% di carica residua), ossia quasi nuove! Soltanto un terzo invece è risultato completamente scarico (in rosso: dal 10 allo 0% di carica residua).. Il costo di 1 kWh proveniente dalla rete elettrica domestica è di circa 0,23 euro. Per ottenere la stessa quantità di energia sono necessarie 250 pile alcaline AA per una spesa totale di 117 €, considerando il prezzo medio di vendita di 0,47 € per pila. L’energia delle AA alcaline è quindi 500 volte più costosa di quella della rete domestica, e per altre tipologie di pile il prezzo può essere anche 1.000 volte superiore. Tenuto conto che ogni anno in Italia si smaltiscono complessivamente 5.000 tonnellate di pile, è evidente l’enorme spreco di energia e denaro dello smaltimento di pile ritenute erroneamente scariche.
Perché tutto questo spreco? È probabile che le pile vengano buttate ancora parzialmente cariche perché usate in dispositivi molto energivori, che funzionano male o per nulla quando la carica delle pile diminuisce anche solo di poco – come nel caso dei joystick delle console e delle macchine fotografiche. Si tratta quindi di un errore di valutazione, perché quelle pile potrebbero ancora fare funzionare altri apparecchi, meno esigenti: allora come valutare in casa se sono ancora utilizzabili?
La cosa più semplice da fare è trasferirle in altri dispositivi, per esempio sveglie o telecomandi, che funzionano fino a valori di carica molto bassi. Alcune pile sono dotate di un sistema incorporato di verifica della carica che fornisce una stima della quantità di energia residua; in alternativa, se utilizzate grandi quantità di pile, potrebbe essere conveniente acquistare uno strumento dedicato in grado di ricavarne lo stato di carica. Vale anche la pena citare anche un metodo empirico curioso e semplice, che consiste nel far cadere sul pavimento (sufficientemente resistente!) la pila alcalina da circa un metro e stimare l’altezza a cui rimbalza: una pila carica rimbalzerà a una altezza inferiore rispetto a una scarica, ma il confronto può essere fatto solo tra pile della stessa marca e dello stesso tipo.. Al momento la fase di riciclo non fa distinzioni sullo stato di carica, considerando “esauste” tutte le pile conferite dai centri di raccolta agli impianti di trattamento. Si potrebbe però pensare a una fase di vita intermedia, successiva al conferimento nei punti di raccolta ma precedente ai processi di riciclo: le pile buttate con stato di carica ancora molto elevato, identificate e separate, potrebbero trovare una seconda vita in contesti particolari e di utilità sociale; si potrebbe anche recuperare la carica contenuta nelle pile a fine vita, riversandola in altri accumulatori o convertendola sottoforma di reagenti chimici. Tuttavia, il metodo più efficace per combattere questo spreco rimane sempre il buonsenso di ognuno: è semplice, prima di buttare le pile verificate che siano per davvero scariche!
———-Da “Analisi delle caratteristiche elettriche delle pile usate, studio del loro fine vita e progettazione di un dispositivo per il recupero dell’energia residua”, di Francesco Marcantoni, Valentina Mataloni, Chiara Menegus, Vittorio Montanelli, Daniele Moraschini e Chiara Ogheri – Scuola di ingegneria industriale e dell’informazione del Politecnico di Milano, Corso di laurea in ingegneria dei materiali e delle nanotecnologie..
Ma, quando le smaltiamo, le pile sono veramente scariche? Per rispondere a questa domanda un team di ricercatori del Politecnico di Milano ha raccolto 3.828 pile esauste non danneggiate, prelevandole da alcuni supermercati di Milano e provincia, e misurato lo stato di carica di quelle alcaline AA e AAA, ovvero stilo e ministilo, che costituivano circa il 70% del campione. Il risultato è stato sorprendente: come si vede dal grafico qui sotto, circa un terzo delle pile aveva uno stato di carica molto elevato (in verde: dall’85 al 100% di carica residua), ossia quasi nuove! Soltanto un terzo invece è risultato completamente scarico (in rosso: dal 10 allo 0% di carica residua).. Il costo di 1 kWh proveniente dalla rete elettrica domestica è di circa 0,23 euro. Per ottenere la stessa quantità di energia sono necessarie 250 pile alcaline AA per una spesa totale di 117 €, considerando il prezzo medio di vendita di 0,47 € per pila. L’energia delle AA alcaline è quindi 500 volte più costosa di quella della rete domestica, e per altre tipologie di pile il prezzo può essere anche 1.000 volte superiore. Tenuto conto che ogni anno in Italia si smaltiscono complessivamente 5.000 tonnellate di pile, è evidente l’enorme spreco di energia e denaro dello smaltimento di pile ritenute erroneamente scariche.
Perché tutto questo spreco? È probabile che le pile vengano buttate ancora parzialmente cariche perché usate in dispositivi molto energivori, che funzionano male o per nulla quando la carica delle pile diminuisce anche solo di poco – come nel caso dei joystick delle console e delle macchine fotografiche. Si tratta quindi di un errore di valutazione, perché quelle pile potrebbero ancora fare funzionare altri apparecchi, meno esigenti: allora come valutare in casa se sono ancora utilizzabili?
La cosa più semplice da fare è trasferirle in altri dispositivi, per esempio sveglie o telecomandi, che funzionano fino a valori di carica molto bassi. Alcune pile sono dotate di un sistema incorporato di verifica della carica che fornisce una stima della quantità di energia residua; in alternativa, se utilizzate grandi quantità di pile, potrebbe essere conveniente acquistare uno strumento dedicato in grado di ricavarne lo stato di carica. Vale anche la pena citare anche un metodo empirico curioso e semplice, che consiste nel far cadere sul pavimento (sufficientemente resistente!) la pila alcalina da circa un metro e stimare l’altezza a cui rimbalza: una pila carica rimbalzerà a una altezza inferiore rispetto a una scarica, ma il confronto può essere fatto solo tra pile della stessa marca e dello stesso tipo.. Al momento la fase di riciclo non fa distinzioni sullo stato di carica, considerando “esauste” tutte le pile conferite dai centri di raccolta agli impianti di trattamento. Si potrebbe però pensare a una fase di vita intermedia, successiva al conferimento nei punti di raccolta ma precedente ai processi di riciclo: le pile buttate con stato di carica ancora molto elevato, identificate e separate, potrebbero trovare una seconda vita in contesti particolari e di utilità sociale; si potrebbe anche recuperare la carica contenuta nelle pile a fine vita, riversandola in altri accumulatori o convertendola sottoforma di reagenti chimici. Tuttavia, il metodo più efficace per combattere questo spreco rimane sempre il buonsenso di ognuno: è semplice, prima di buttare le pile verificate che siano per davvero scariche!
———-Da “Analisi delle caratteristiche elettriche delle pile usate, studio del loro fine vita e progettazione di un dispositivo per il recupero dell’energia residua”, di Francesco Marcantoni, Valentina Mataloni, Chiara Menegus, Vittorio Montanelli, Daniele Moraschini e Chiara Ogheri – Scuola di ingegneria industriale e dell’informazione del Politecnico di Milano, Corso di laurea in ingegneria dei materiali e delle nanotecnologie..