Come funzionano le barche dell’America’s Cup
Sono le Formula 1 del mare, si chiamano AC75 e partecipano all’America’s Cup, la manifestazione velica più antica del mondo. Ma se nella prima edizione del 1851 ci si sfidava su imbarcazioni di diversissima foggia e peso (anche 200 tonnellate), oggi la tecnologia è evoluta al punto che queste moderne barche sono persino in grado di… volare! Com’è possibile? «È tutto merito dei foil», spiega Davide Tagliapietra, ingegnere aerospaziale del team italiano Luna Rossa, che ha contribuito alla progettazione delle futuristiche appendici delle AC75.. «Parliamo di due braccia meccaniche mobili realizzate in fibra di carbonio e poste ai lati dell’imbarcazione, che terminano con due alette, o foil wing. Queste agiscono sottovento a una distanza dallo scafo tale per cui, a una data velocità, producono un carico che bilancia lo sbandamento della barca, generando una forza chiamata “momento raddrizzante” che solleva lo scafo dall’acqua».
Questi bolidi del mare seguono lo stesso principio che utilizzano gli aerei per volare. Infatti, le sezioni dei foil sono “a goccia”, perché ricalcano l’aerodinamica delle ali di un aeroplano. «Per librarsi sulle onde», prosegue Tagliapietra, «alle AC75 è sufficiente un vento relativamente blando, in media attorno agli 8-10 nodi, che però è in grado di innescare uno scambio di forze che consente la transizione dalla condizione di navigazione classica a quella di “volo”».. In pratica, si passa dalle forze idrostatiche che regolano il galleggiamento di un qualsiasi corpo immerso nell’acqua, a quelle idrodinamiche che caratterizzano la fase di volo. È però con un vento di 15-20 nodi che le AC75 danno il meglio di sé, riuscendo a viaggiare costantemente sopra ai 40-45 nodi (75-85 km/h), con picchi teorici di 55 nodi (più di 100 km/h). Per volare, è fondamentale anche il timone: «Anch’esso è dotato di un’appendice orizzontale chiamata elevator, che serve a bilanciare le forze verticali e a stabilizzare la navigazione, un po’ come accade con la coda degli aerei»..
Questi bolidi del mare seguono lo stesso principio che utilizzano gli aerei per volare. Infatti, le sezioni dei foil sono “a goccia”, perché ricalcano l’aerodinamica delle ali di un aeroplano. «Per librarsi sulle onde», prosegue Tagliapietra, «alle AC75 è sufficiente un vento relativamente blando, in media attorno agli 8-10 nodi, che però è in grado di innescare uno scambio di forze che consente la transizione dalla condizione di navigazione classica a quella di “volo”».. In pratica, si passa dalle forze idrostatiche che regolano il galleggiamento di un qualsiasi corpo immerso nell’acqua, a quelle idrodinamiche che caratterizzano la fase di volo. È però con un vento di 15-20 nodi che le AC75 danno il meglio di sé, riuscendo a viaggiare costantemente sopra ai 40-45 nodi (75-85 km/h), con picchi teorici di 55 nodi (più di 100 km/h). Per volare, è fondamentale anche il timone: «Anch’esso è dotato di un’appendice orizzontale chiamata elevator, che serve a bilanciare le forze verticali e a stabilizzare la navigazione, un po’ come accade con la coda degli aerei»..